Mi ha sempre affascinato la finanza. Inizialmente, in particolare, la speculazione. L’idea di poter prevedere cosa succede, saper leggere il futuro, e così guadagnare un sacco di soldi, era troppo affascinante.

Già da ragazzo leggevo avidamente libri su finanza, investimenti, analisi tecnica, analisi fondamentale, strumenti derivati … e poi libri di e su Soros, Buffett e altri grandi.

L’idea che mi ero fatto leggendo e studiando tecniche e biografie, era che se si studiano queste tecniche, si deve essere in grado di guadagnare molto. E che chi si dedica a tempo pieno, con impegno, a speculare ed investire, deve per forza fare un sacco di soldi e fare molto meglio della media.

La mia prima speculazione con soldi veri fu l’acquisto di un’azione dopo un crollo per dei risultati deludenti. In poco tempo risalì. Aveva funzionato. Poi pian piano qualche perdita, qualche guadagno, la realizzazione che non è affatto facile distinguere fortuna e bravura.

Carriera iniziata modellando prodotti strutturati abbastanza complessi, per poi fare hedging di questi prodotti – cioè annullare l’effetto dei movimenti del mercato, cercando di guadagnare un certo margine sulla negoziazione iniziale. Attorno a me colleghi trader che speculavano, alcuni che gridavano spesso, uno che ha spaccato una tastiera per la rabbia. La parte colorita del lavoro, diciamo. Come diceva un collega, fare trading è facile. Aveva ragione. Non diceva che fosse facile guadagnare con la pura speculazione.

Innanzitutto, la speculazione è un cosiddetto zero-sum-game. Cioè per ogni euro guadagnato da qualcuno, qualcun altro ne perde uno. Anzi, un po’ di più, perché ci sono le commissioni di transazione che si devono pagare ai broker. Nel trading speculativo non basta sapere o essere emotivamente stabili. Bisogna esserlo più degli altri. Nel trading non speculativo, cioè quello per così dire delle banche o legato a degli attivi industriali, che siano centrali elettriche o miniere di nickel, ci sono altre considerazioni da fare. Ma lasciamo stare i dettagli.

Ho poi lavorato nell’asset management, nella gestione dei rischi, co-dirigendo una società di gestione di fondi per quasi un decennio. La società ha fortunatamente generato ottimi risultati per i clienti (sia in termini assoluti che relativi). Detto questo, la gestione del risparmio ha un problema fondamentale.

 

Il problema fondamentale

 

Gli investimenti a lungo termine, per esempio in azioni, non sono uno zero-sum-game, cioè tutti gli investitori possono guadagnare se il mercato sale. Quello che è zero-sum-game, è il cosiddetto alpha, la capacità di battere il mercato. La lettera del 2016 di Warren Buffett agli azionisti della Berkshire Harthaway lo spiega bene. Fa riferimento anche alle parole del Nobel William Sharpe, il quale negli anni ’90 spiegò molto elegantemente perché, aritmeticamente, la media del mercato deve restare la media … anche in questo caso poi bisogna sottrarre i costi, quindi la media del mercato è un po’ meno della media, in realtà. Quindi di nuovo, per battere il mercato, per non essere mediocre, bisogna battere gli altri partecipanti. Non bisogna essere bravi o preparati – bisogna essere più bravi, più preparati, e anche un po’ più fortunati degli altri.

L’industria della finanza, in particolare la gestione del risparmio, spesso punta sul fornire una ottima impressione di professionalità, preparazione, eccezionale astuzia ed intelligenza. La realtà è che più gente preparata ed intelligente c’è in finanza ad occuparsi di investimenti, meno è probabile che questi professionisti vadano meglio della media. È una eterna dannazione, se vogliamo. Per compensare questa triste condizione di eterna dannazione, ci sono le varie commissioni di gestione, etc.

Vedere per credere – vari studi rigorosi, come quelli dell’ESMA, quelli di diversi accademici, o quelli semi-annuali di Standard & Poors, mostrano che in media i fondi vanno peggio dei loro mercati di riferimento (il benchmark). Chi ci guadagna? L’industria della gestione del risparmio. Chi ci perde? L’investitore.

Se parlassimo di cifre piccole, non sarebbe un gran problema. Ma parliamo di cifre che sull’arco di una vita, per il risparmiatore, per l’investitore a lungo termine, si accumulano di anno in anno e diventano semplicemente enormi. Non c’è altro termine per descriverle: enormi. Si può facilmente arrivare a pagare più di un terzo dei nostri risparmi (hai letto bene, più di un terzo) in spese di gestione. E la cosa più bella? Manco le vediamo. Perché vengono addebitate direttamente al fondo e non a noi, sul nostro conto. Un’emorragia interna che ci fa morire lentamente e manco ce ne accorgiamo.

Ovviamente i consulenti ritengono di essere in grado di scegliere i fondi migliori, e di lasciare che gli idioti investano in quelli scarsi. Che ci sia qualcuno in grado di scegliere (non col senno di poi!) i fondi migliori, è certamente possibile. È però poco probabile. In media i fondi sono mediocri, la maggior parte (non solo la media) dei fondi è mediocre … l’80% degli investitori sono idioti? Anche io ho investito di tanto in tanto in fondi che erano stati molto buoni e con il tempo sono diventati mediocri. Sono un idiota? Forse. Qualcuno certamente dirà di sì (haha). Scherzi a parte, sono convinto che in generale il problema sia duplice:

  • Non ci si rende conto che in media, si può solo andare peggio della media del mercato (legge aritmetica);
  • L’industria ha un interesse troppo grande a far pagare ai clienti commissioni di gestione ricorrenti (e spesso troppo elevate).

 

Una soluzione

 

Per questo ho lanciato Qortex e Formiche Strategiche (by Qortex), con l’obiettivo di portare un prodotto ed un servizio principalmente di educazione e coaching, combinando finanza, economia, buon senso e, dove utile, psicologia. Di formazione sono infatti ingegnere meccanico (ETH), specializzato in temi di finanza quantitativa e più tardi ho aggiunto degli studi in management (MBA IESE) e psicologia (UniZH), ed entrambi i livelli di CAIA (Certified Alternative Investments Analyst). Per maggiori informazioni vedi il mio profilo in linkedin.

A ogni risparmiatore conviene focalizzarsi sulla strategia a lungo termine, sulla minimizzazione dei costi (espliciti e impliciti, anche spesso molto più alti), anziché sull’illusione di ottimi investimenti.

Ci si dimentica (o si vuole ignorare, perché poco sexy) la legge aritmetica per cui in media, si può solo nadare come la media – alla quale però bisogna sottrarre i costi.

Per questo, formiche strategiche, punta ad aiutare te (oltre a me, in primis, poiché seguo lo stesso approccio) ad investire per il lungo termine, facendo meno errori possibile, anziché puntando a fare i colpacci; affidandosi meno a prodotti che fanno gli interessi di altri, e più ad una strategia a lungo termine che fa gli interessi del risparmiatore.

 

Stefano Charrey